Nuovo appuntamento con la nostra rubrica dedicata allo sviluppo del linguaggio dei bambini.

Oggi parliamo di bambini che a due anni ancora non parlano: è ora di andare dal logopedista o meglio aspettare?

Buongiorno,

sono la mamma di un bambino di due anni. Sono allarmata da qualche tempo in quanto ad oggi mio figlio dice solo una decina di parole. Fa molti versi degli animali e qualche suono onomatopeico.

Il bambino frequenta il nido da un anno e da quando ha 6 mesi lo porto in biblioteca per il progetto nido di libri. Gli parlo sempre e mai in bambinese.

Fra pochi giorni avrò il controllo dalla pediatra la quale mi disse che a 2 anni i bambini dovrebbero dire almeno 20 parole.

Vorrei sapere se posso già rivolgermi a qualcuno o se devo aspettare i 3 anni.

La ringrazio.

Risponde la dottoressa Roio

Buongiorno,

le consiglio di non attendere oltre e rivolgersi per una prima visita dal logopedista: è vero che a due anni il bambino è ancora piccolo per un vero e proprio trattamento logopedico diretto, ma intanto lo specialista può fornire consigli per stimolare lo sviluppo linguistico corretto a casa.

Se il bambino a 24 mesi dice meno di 50 parole (includendo nel totale anche i suoni onomatopeici) è opportuno rivolgersi al logopedista per ricevere suggerimenti pratici e specifici sulle modalità comunicative da adottare a casa con il bambino stesso per aiutarlo a superare questa sua difficoltà iniziale.

Tramite l’osservazione in sede di valutazione logopedica lo specialista analizzerà anche altri fattori necessari allo sviluppo linguistico verbale, tra cui l’intenzione comunicativa, la presenza di gesti comunicativi, la capacità di condivisione del momento (il bambino deve essere capace di passare con lo sguardo dall’oggetto all’adulto e viceversa).

Successivamente in base ai risultati dell’osservazione il logopedista potrà assegnare a voi genitori (e anche nonni e/o tate) dei “compiti” per casa: alcune volte, senza rendersene conto, si stimola il bambino nella maniera sbagliata e questo lo può portare ad inutili frustrazioni con conseguenti rinunce dal punto di vista verbale.

Verranno quindi presentati degli obiettivi da raggiungere e da riportare al successivo controllo, in modo da tenere monitorato lo sviluppo linguistico del bambino.

Questo tipo di terapia logopedica viene definita “indiretta” in quanto il logopedista non lavora direttamente con il bambino, ma attraverso i suggerimenti forniti a casa indirizza su quale sia la strada giusta da percorrere per permettere una corretta evoluzione linguistica.

Monitorando quindi i progressi raggiunti con il passare del tempo, il logopedista sarà poi pronto ad intervenire in maniera diretta (ovvero con delle sedute logopediche rivolte al bambino) non appena sarà necessario.


Dott.ssa Maria Giovanna Roio Logopedista

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