Oggigiorno si tende spesso a fare netta distinzione tra quello che è scuola, compiti, apprendimento, dovere, con quello che è svago, divertimento, risate, piacere.
Negli incontri logopedici che svolgo rivolti ai bambini, ritengo indispensabile la connessione di entrambi gli aspetti: gioco e lavoro. L’aspetto ludico e piacevole, associato alle diverse attività educative, permette di raggiungere traguardi irrinunciabili, in modo più semplice e veloce.
Il gioco, finalizzato a obiettivi di maturazione, nel nostro caso linguistica, ma anche cognitiva o fisica, è una opportunità e un diritto che l’adulto DEVE offrire al suo bambino, con i giusti spazi e i giusti tempi. Con il gioco aumenta la creatività, il ragionamento, la critica, il problem-solving, l’autonomia, il confronto e la necessità dell’ interazione con cose e persone, il dialogo e la comunicazione, l’arte dell’arrangiarsi, il comportamento sociale attraverso il rispetto delle regole, l’attenzione e la memoria.
Ma intendiamoci: non tutte le forme di gioco hanno le equivalenti potenzialità. Esso deve poter stimolare il bambino, renderlo parte attiva. Spetta all’adulto il compito di scegliere i materiali e gli strumenti più adatti all’età e ai bisogni stessi del piccolo.
Le relazioni tra il gioco e le competenze linguistiche sono numerosissime, sia in riferimento agli aspetti recettivi come ascoltare e leggere, sia quelli produttivi come parlare e scrivere. Si pensi solamente che dal grado di abilità con cui un bambino gioca “a far finta di…” attraverso il gioco simbolico, si può prevedere il suo livello di scrittura e tempi di acquisizione.
In più, se ci si riferisce ad un buon gioco strutturato, la presenza di un adulto coinvolto e competente, o l’ interazione tra coetanei in caso di gioco libero e spontaneo, offrono occasioni per esercitare quello che è il linguaggio globale del bambino.
Aprirei una parentesi per considerare quelli che sono i disagi e le perplessità che una determinata categoria di giochi fanno emergere ormai da alcuni anni. Mi riferisco ai giochi elettronici e digitali sempre più presenti nella nostra società. Al momento ne esistono di diverse tipologie e possono dunque avere effetti differenti sulla crescita di un bambino.
Se da un lato è possibile che alcuni videogiochi particolarmente violenti facciano insorgere danni legati allo sviluppo dell’aggressività e alla desensibilizzazione verso il dolore altrui, dall’altro lato esistono giochi educativi, allo stesso modo coinvolgenti, ma che accrescono la memoria di lavoro, la rapidità nel passaggio da un’ attività all’altra, il senso spaziale, le abilità iconiche e l’attenzione visuale, trattando contenuti e tematiche del tutto comuni e meno pericolose.
Nonostante ciò, a mio parere, i software educativi sono comunque da considerarsi esclusivamente un arricchimento di esperienze cognitive e MAI attività sostitutive e alternative al gioco classico relazionale.
a cura della dottoressa Valeria Pacchioni
Dott.ssa Valeria Pacchioni, laureata in Logoterapia alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’ Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.
Contatti: Indirizzo: via per Modena, 20 – Bomporto (MO) tel.059/909553.
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